Eccoci con il guest post dell’autrice Susanna Trippa che oggi ci racconta del suo Natale da New York a Machu Picchu.
Se vi piace questo racconto, potete leggere anche Ricordando un Natale in Val Cavallina, sempre di Susanna Trippa, che ringraziamo.

Un Natale da New York a Machu Picchu

“Natale è dunque la sfera dorata che sfolgora sulla cima dell’abete; è l’odore penetrante degli aghi di pino e il nevischio a battere lieve sul viso.
E’ il vapore che dalle nostre gole esce nell’aria fredda; è la neve bianca che scende e per pochissimo resta nel suo candore, come ogni cosa poi.
Il tepore dolce della casa; o quando levi cappello e guanti e intirizzito entri in un bar, con altri a far tardi mentre fuori è freddo.
E’ un punch a scaldarti mentre di sera, il tuo gatto accanto, fissi le braci del camino.
Per me il Natale è tutto questo. È celebrare l’inverno, il suo nucleo profondo di tenebre, riscaldarlo con luci e suoni per farci coraggio tra noi, quasi l’oscurità della vita da vincere, da esorcizzare, insieme a chi ci è più caro.”

Natale da New York

Questo pensavo mentre me ne stavo, il pomeriggio di Natale, seduta nel seggiolino avvolgente del mio amato Planetario come nella placenta della mia vita.
E chi ero poi? Un’americana di mezza età che viveva a New York, una specie di strana scienziata un poco pazza con venature di misticismo.

Natale da New York a Machu Picchu

E mi venne in mente un altro Natale, non il solo lontano da New York. Rannicchiata nel sedile avvolgente, nella solitudine della folla silenziosa, protetta dalla grande volta celeste sul mio capo, socchiusi gli occhi. E all’improvviso cominciai ad avvertire un rumore, e subito dopo un sobbalzare che mi faceva sbattere, con movimenti alterni, dal sedile allo schienale di una dura panca di legno. Il suono che avvertivo era ritmico, e guidava un movimento del mio corpo che lo era altrettanto.
Aprii gli occhi. Erano le otto del mattino di un 25 dicembre di più di trent’anni fa.
Il treno locale, che da San Pedro di Cuzco in quattro ore mi avrebbe portato a Puente Ruinas, rappresentava il passaporto per quella che sarebbe divenuta la passione della mia vita.
“Centododici chilometri in quattro ore.” pensavo allora. Tanto erano lo spazio e il tempo che mi separavano da Machu Picchu in Perù.
Ora vi si può arrivare, non solo con un più comodo treno turistico o con l’autovagon, persino in elicottero. Ma allora! Era la mia prima volta ed ero emozionatissima. Niente avrebbe potuto rendermi più felice di quel trenino giallo rosso che stava per condurmi tra picchi e nubi.
Sarei arrivata lassù! Mi trovavo in un vagone di seconda classe, stretta tra una folla che saliva e scendeva ad ogni fermata.
Tra capre tenute alla cordicella e polli in gabbia, mentre spezie e foglie di coca fluttuavano nella mia anima.

machu picchu

Il mio cuore batteva forte, non solo per l’altitudine.

Dai tremilaquattrocento metri di Cuzco ai duemilaottocento di Machu Picchu, con discese e risalite brusche fino ai quattromiladuecento.
Il suo tu-tum tu-tum accompagnava lo zigzagare del trenino.
Mi pareva d’incoraggiarlo, nel suo arretrare sul binario di scambio a prendere la rincorsa per la rampa successiva, così fino al passo El Arco a nordovest della città.
Da là in poi ci sarebbe stata solo discesa fino alla valle dell’Urubamba.
Alla mia destra, spalla contro spalla, una donna allattava il suo bambino che, nel succhiare, teneva una manina levata e volta un poco all’indietro.
E nel muoversi ritmico del treno, ogni volta sfiorava il mio viso.
In mezzo a dominanti crinali o in bilico su costoni di roccia, verdeggiare e pietre sotto i nostri occhi, frizzante l’aria all’esterno, tiepida all’interno del vagone tra odori e colori.
Annuvolamenti e squarci d’azzurro, al culmine dell’estate peruviana, mentre giù sotto l’Urubamba snodava le sue rapide nel verde della gola.
Arrivammo a Puerte Ruinas tra i colori di un mercato, non ancora a Machu Picchu.
E allora, noi e pochi altri, dietro al poncho d’una guida improvvisata, percorremmo in quota gli otto chilometri che ancora ci separavano da lassù; tornante dopo tornante… e i novantanove ultimi gradini!
La vidi finalmente.
L’enorme indice di Machu Picchu a nord, Huayna Picchu più piccola a sud, e in mezzo si rivelavano nel nostro graduale avanzare i resti di ciò ch’era stato.

Se volete conoscere meglio Susanna Trippa, potete leggere le recensioni e le interviste all’autrice dei romanzi Il viaggio di una stella, I racconti di CasaLuet e Come cambia lo sguardo.

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